martedì 27 dicembre 2016

Sui voucher occorre un cambio di rotta

Condivido con voi l'intervista al presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano oggi su l'Unità e il punto di vista di Luigi Sbarra segretario generale della Fai Cisl nazionale sull'uso smodato e sconsiderato dei voucher e sulla necessità di un cambio di rotta. L'utilizzo dei voucher, iniziato nel 2003 come modo per far emergere lavori quali personale per le pulizie domestiche, babysitting e ripetizioni, sta piano piano prendendo il sopravvento come nuova modalità di ingaggio per lavori per i quali è regolarmente prevista la possibilità (e il dovere?) di applicazione di un CCNL di riferimento.
Come è noto, negli ultimi anni la politica e le azioni legislative hanno prodotto norme che più o meno gradualmente hanno allargato la legittimazione nell'uso dei voucher sia dal punto di vista del "lavoratore" che del committente. I numeri sono chiari ed emblematici sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
L'Unitù 27 dicembre 2016 intervista a Cesare Damiano e a Luigi Sbarra

Attraverso la Riforma del 2012 (governo Monti) è stato superato il concetto di "occasionalità ed accessorietà” delle prestazioni, collegando così la nozione di lavoro accessorio unicamente al riferimento del compenso annuale in capo al prestatore di lavoro
; questo ha dato la possibilità di utilizzarlo tutti i giorni, in maniera continuativa. E quindi, perché un datore di lavoro dovrebbe stipulare un contratto a tempo determinato part time o full time con tutti gli oneri e i costi che ciò comporta (tredicesima e quattordicesima per i contratti che lo prevedono tra cui quello del commercio e dei trasporti e logistica, Trattamento di fine rapporto che permette al lavoratore temporaneo di non collassare tra un breve contratto e l'altro, ferie, malattia, maternità, contribuzione, disoccupazione, tasse, ormai spesso considerati più un benefit che un diritto), se può reclutare personale a voucher e pagarlo 7,50 euro l’ora senza costi aggiuntivi? È chiaro che la domanda è retorica, in quanto la risposta va da sé e i dati sull’impennata di utilizzo anno dopo anno lo dimostrano. Aggiungo che va diffondendosi l'abitudine di richiedere certificati di malattia per assenza anche su contratti (voucher ma non solo) che non prevedono il pagamento della malattia stessa, e in questo senso è profondamente mancante il sindacato nel suo ruolo informativo perché ovviamente il lavoratore che è reso consapevole del fatto che qualora la malattia non sia retribuita non è dovuto alcun certificato medico in caso di assenza non lo produrrà, e il fatto che ci sia ignoranza in materia tra i lavoratori può creare pericolosi precedenti.
Le modifiche legislative sui voucher, anno dopo anno, riforma dopo riforma, ne hanno allargato il campo di applicazione sia oggettivo (i settori) che soggettivo (datori di lavoro e lavoratori), con l’ulteriore e recente novità, contenuta nel d.lgs 81/2015, dell’aumento a 7.000 euro dell’importo netto percepibile annualmente dal singolo prestatore di lavoro. Un lordo che supera tra l'altro gli 8000 euro al di sotto dei quali un lavoratore dipendente o pensionato non pagherebbe l'irpef. In questo modo, dal momento che nel caso di un cumulo di CUD il lavoratore si ritrova centinaia di euro di tasse da pagare l'anno successivo anche se solo uno dei datori di lavoro dovesse sbagliare le trattenute irpef, e il pagamento delle tasse è a quel punto a carico del lavoratore, chi viene retribuito a voucher non è in alcun modo incentivato a cambiare la propria situazione per non rischiare di dover versare di tasca propria l'extra di irpef.
E il tetto per il committente? La normativa non lo ha mai previsto. E questo è un primo, ma non unico problema.
Così la stravagante normativa sul lavoro accessorio prevede che il prestatore di lavoro, indipendentemente dal numero dei committenti per cui lavora, non possa superare un compenso annuale di 7.000 euro, mentre il singolo committente potrebbe avere tutta la forza lavoro con voucher senza avere alcun tetto annuo. E non stiamo parlando di un committente circoscritto (come famiglia che si avvale di personale per le pulizie o baby sitter), poiché la normativa non mette limiti ai settori in cui si può utilizzare.
Tutto ciò ha comportato un vertiginoso aumento dei voucher. Si è passati dai 536.000 buoni venduti nel 2008 agli oltre 115 milioni del 2015, con una costante: le prime 3 Regioni per maggior numero di voucher venduti sono Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Complessivamente dal 2008 al 2015 sono stati venduti 277.193.002 voucher, mentre quelli riscossi ammontano a 238.081.224, con una differenza di oltre 39 milioni di voucher non utilizzati dai committenti.
Insomma: fatta la legge, trovato l'inganno. E' ora di rifare la legge?

(ringrazio la UIL per i dati fornitimi)

Perché tutta questa insofferenza verso Maria Elena?

Maria Elena Boschi foto di Vogue Italia
Perché tutto quest'astio verso Maria Elena Boschi? Me lo sono chiesta più volte, vedendola sempre preparata, composta, e bravissima nella comunicazione ogni volta che è ospite di qualche programma televisivo. La ministra può aver sostenuto proposte non sempre popolari, ma neanche così tante rispetto ad altri colleghi uomini e l'astio e la satira sessista nei suoi confronti sono nati prima ancora che lei sostenesse qualunque provvedimento. Madrina della riforma costituzionale, di fronte ad ogni argomentazione positiva sul futuro del Paese e nel merito dei contenuti della riforma, riceveva spesso soltanto critiche riferite all'aspetto, al modo di vestire, al suo essere giovane. 
Dunque, confrontando i diversi articoli critici nei suoi confronti sono giunta alla conclusione che la causa dell'astio diffuso nei suoi confronti sia dovuta a 3 fattori: la femminilità, la giovane età, la preparazione. Che in Italia ci sia un pregiudizio diffuso verso il nostro genere femminile non è né un segreto né una scoperta recente: l'idea che certi ambiti lavorativi e politici siano appannaggio degli uomini è dura da scardinare e spesso è un'idea avallata dalle stesse donne, con il loro comportamento e le scelte di vita che tentano di imporre alle loro simili spacciandole per unica strada possibile. Ma di questo ho già a lungo scritto e a lungo scriverò. 
La giovane età va a scardinare un'altra idea diffusa dell'italiano: chi è giovane deve fare strada, gavetta, imparare dai vecchi. Se il giovane è innovativo spesso viene visto come un rischio, qualcuno su cui non investire: lo abbiamo visto con gli innumerevoli detrattori di Matteo Renzi, visto come troppo giovane nonostante avesse 39 anni al suo ingresso in politica. Oggettivamente, dopo i 30 anni non si è solo "giovani". Si è anche e prima di tutto maturi. L'adolescenza e gli studi universitari sono ormai lontani, e tutta l'età adulta cioè quella lavorativa e compresa tra la fine degli studi e l'età pensionabile non è "gioventù" ma "età adulta". Ovviamente tutto ciò è di difficile comprensione per i nati degli anni '40 e inizio anni '50 che hanno sempre avuto in mano le fila del sistema e che nel vedere una nuova generazione crescere, formarsi autonomamente, affrontare il mondo con una visione nuova, paiono spesso spaventati. Non accettando una possibile rottamazione, cercano di riaffermare la propria esperienza come un valore e di fronte a un generico "sì grazie ne terrò conto ma ho già sviluppato delle idee" vanno in totale crisi e investono tutte le loro energie nel tentativo di ostacolare il percorso di crescita altrui. 
Terzo fattore, la preparazione. La competenza. Le conoscenze precise e puntuali e la capacità di approfondire. Questo elemento nel nostro Paese è spesso destabilizzante, lo si è visto anche con il modo di porsi verso la ministra Madia seppure in modo minore rispetto alla Boschi. Chi ha investito anni di vita nell'intelligenza interpersonale, lavorando solo sulle relazioni e sull'ambiguità, sul modo di comunicare evasivo, sui contatti dei propri contatti, vede con sospetto il fatto che una persona possa rispondere alle domande nel merito, approfondire i dati, confrontare le opinioni e fare una sintesi in modo chiaro ed esplicito e da lì proseguire con un metodo di lavoro condiviso. Talvolta semplicemente perché non saprebbero fare altrettanto, a volte molto più semplicemente perché c'è una paura generica che si realizzi l'ipotesi di un'Italia più meritocratica e più simile a tanti altri paesi europei - e anglosassoni - in cui non vi è dubbio che chi è responsabile di riforme e di cambiamenti che influenzeranno il futuro dei cittadini debba sapere rispondere nel merito alle domande e conoscere i contenuti su cui sta lavorando. 
Nell'immaginario collettivo se dovesse prevalere l'idea che per svolgere un compito si debbano avere studi e competenze, sarebbe difficile per molti italiani essere essi stessi oggetto del cambiamento necessario: significherebbe vivere in un Paese dove non conta più solo la capacità relazionale e la capacità di adattamento al contesto, ma anche le idee e la preparazione, e chi non ha idee e preparazione e voglia di fare poi che fa? 

lunedì 26 dicembre 2016

Teniamo comportamenti rispettosi verso i lavoratori in questi giorni di festa (e non solo)

Tra ieri e oggi, ho notato su Facebook diversi post di figli del consumismo "disperati" che cercano negozi di ogni genere aperti tra ieri e oggi. Il mio invito è quello di trattare gli altri come vorremmo essere trattati noi. Chi non è disposto a lavorare nei festivi non dovrebbe costringere altri a farlo. Se ci sono due supermercati aperti e vanno deserti, in occasione delle prossime festività terranno chiuso. Viceversa se saranno stracolmi la prossima volta anche gli altri cercheranno di costringere i dipendenti a lavorare durante i festivi in nome del consumismo. Attendo gli imprenditori che cercheranno di costringere i sindacalisti ad accordi al ribasso. I nostri comportamenti influenzano le scelte della grande distribuzione, teniamone conto e soprattutto facciamo tutti un supplemento di ragionamento ricordando che fino a pochi anni fa non c'erano negozi aperti nei festivi e nessuno è mai morto di fame. La maggior parte di noi ieri ha mangiato come un'intera famiglia africana in una settimana, non credo che nessuno morirà di fame se non riceve soddisfazione immediata del proprio desiderio di acquisto. L'egoismo e la mancanza di capacità di vedere gli effetti del proprio comportamento sul sistema in cui siamo inseriti se il nostro comportamento fosse comune ad altre decine di persone è uno dei mali della nostra società. Pensiamo tutti di essere un'eccezione, e di avere il diritto a soddisfare il nostro improvviso bisogno di uno sfizio. Di essere il cliente speciale di quel negozio, o il cliente che ha sempre ragione. Vi svelo un segreto: il cliente non ha sempre ragione e dal punto di vista della commessa/cassiera siete speciali fintanto che pagate e ve ne andate il prima possibile. E soprattutto prima di essere clienti siete cittadini italiani ed europei che possono beneficiare di un certo tenore di vita grazie alle battaglie portate avanti negli ultimi decenni o secoli. 
Insomma, siamo semplicemente nati fortunati, non abbiamo nulla di speciale. 
Mi risulta che esista un diritto al lavoro, un diritto per i lavoratori al riposo e alle ferie oltre che alla giusta retribuzione (maggiorazione dei festivi), ma non mi risulta che esista un diritto a comprare tutto subito e ad avere a disposizione il prodotto ovunque di voglia 365 giorni all'anno h24. Facciamo tutti attenzione perché sono i nostri comportamenti che determinano la direzione in cui va il mondo del lavoro e sono le nostre scelte e il nostro modo di considerare l'altro che determinano il fatto che possiamo sentirci parte di una comunità in cui effettivamente ciascuno è responsabile degli altri o essere soli in mezzo alla folla. Qualcuno ha già obiettato "ma se io lavoro tutta la settimana" ... sono cazzate. Solo cazzate. Siate onesti, la maggior parte delle persone che vanno nei centri commerciali la vigilia di Natale al limite dell'orario di chiusura sono solo persone che si erano dimenticate di comprare i regali prima, così come la maggior parte delle persone che prenotano il parrucchiere il 31 gennaio sono persone che hanno litigato nei loro rispettivi posti di lavoro per avere le ferie a capodanno e accertarsi di poter fare in santa pace cenone e tirare mattina. Per non parlare di pensionati e casalinghe che potrebbero tranquillamente andare in un'altra fascia oraria/giornata lavorativa. Così come la maggior parte delle cose che ordinate online con Amazon Prime sono oggetti assolutamente superflui, e le cose che volevate comprare oggi al supermercato assolutamente non necessarie. La percezione del mondo che molti cercano di veicolare con le loro dichiarazioni secondo cui "io non lavoro nei festivi perché faccio un altro mestiere" è assolutamente riduttiva perché non tiene conto del fatto che un domani a chiunque potrebbe essere chiesto di lavorare in tutte le fasce orarie e tutti i giorni dell'anno, e che un domani quelle persone non troveranno più un sindacato disposto a trattare per loro se oggi il sindacato è indebolito dall'impossibilità di chiedere autonomamente e con forza che i lavoratori del commercio, che già hanno lavorato spesso in modo continuato nell'ultimo mese prima di Natale, si fermino nei festivi come oggi accade agli insegnanti, ai bancari, e come accade tutti i giorni ai pensionati e a chi ha scelto di non lavorare per "occuparsi della famiglia". 

sabato 24 dicembre 2016

Assassinio a Montecitorio un bel giallo di Roberto Rampi


Un consiglio di lettura per questo periodo di festa: 
Assassinio a Montecitorio di Roberto Rampi, il suo primo racconto giallo uscito a dicembre 2016. A Vimercate lo trovate a Il Gabbiano Libreria, a breve nelle altre librerie della brianza, o potete ordinarlo online sul sito ibs dove trovate una mia recensione. 
Buone feste a tutti voi! 

venerdì 23 dicembre 2016

La diffusione virale dei nomi dei due poliziotti di Sesto San Giovanni: una leggerezza?

E dopo quasi un'intera giornata di continua diffusione di informazioni riservate sui due agenti che hanno ucciso il terrorista a Sesto San Giovanni - peraltro facendo il loro lavoro e per legittima difesa senza sapere di chi si trattava - il Tg La7 ha dato spazio al questore di Milano e al sindacato di polizia che hanno chiesto di tutelare i due agenti non diffondendone i nomi e i loro profili facebook sono stati oscurati. Forse un po' tardi, nell'era del web, per garantire che non ci saranno ritorsioni, ma in quest'epoca funziona così: prima si fanno le cazzate, poi quando qualcuno lo fa notare gli si dà del tuttologo, poi arriva chi di competenza e prende provvedimenti. Sempre ovviamente con un ritardo rispetto ai tempi della comunicazione e della tecnologia. Nel frattempo i due nomi sono già perfettamente conosciuti da tutti le cellule terroriste di tutta Europa, ma il semplice buon senso non va più di moda. 
Foto di Daniele Bennati per il Corriere della Sera


"E' stata una follia rendere noti i nomi dei poliziotti che la scorsa notte a Sesto San Giovanni hanno fermato il killer di Berlino. C'e' infatti il timore che gli agenti, ma anche le loro famiglie, possano subire delle ritorsioni da parte dei terroristi islamici"; lo afferma Franco Maccari, segretario generale del Coisp, Sindacato indipendente di polizia. Che aggiunge: "Si sarebbe dovuta tutelare l'identita' degli agenti, cosi' come avviene per i militari impegnati all'estero nelle attivita' di contrasto al terrorismo. E' incredibile la superficialita' con cui e' stata gestita la vicenda da parte dello stesso governo, che rendendo nota l'identita' degli agenti, le loro foto e persino i loro comuni di provenienza, ha dimostrato di sottovalutare il rischio di rappresaglie, mettendo a rischio le vite dei nostri colleghi e dei loro familiari. Auspichiamo che almeno si cerchi di porre riparo garantendo la massima tutela dei poliziotti coinvolti e dei loro familiari, oltre a rafforzare ulteriormente l'azione di controllo e contrasto del rischio terrorismo nell'intero Paese, che con l'uccisione di Anis Amri ha dato un duro colpo all'Isis".

Nonostante ciò, dopo l'oscuramento dei profili facebook dei due giovani, sono già comparse due pagine con migliaia di mi piace. 

giovedì 22 dicembre 2016

Perché gli italiani all'estero non sono tutti cervelli in fuga

E' nata negli ultimi giorni l'ennesima polemica su come siano da considerare gli italiani all'estero. Merito - o colpa - del ministro Poletti che ha pensato di dire la sua sul fatto che, forse, gli italiani all'estero non sono tutti esattamente cervelli in fuga. Io penso che ognuno di noi abbia voglia di vivere dove si sente più a suo agio per il carattere, la forma mentis, le esigenze di vita e che il ministro non abbia detto nulla di strano sul fatto che molti degli italiani all'estero non sono dei geni. 
Esempio banale senza pensare all'espatrio: se uno vive a milano ma vuole aria pulita, verde, no traffico, possibilità di far giocare i bimbi fuori, e in più ama fare sport, forse è meglio che si trasferisca in montagna. di contro, se uno abita in un paesino sperduto e desidera mezzi pubblici, strade senza neve, lavoro sotto casa, locali con birra a portata di mano e tutta una serie di confort, può pensare di trasferirsi in un centro più grande. Sono convinta - almeno per l'esiguo numero di miei amici che sicuramente non costituiscono una statistica seria - che molte persone che lasciano l'Italia lo farebbero comunque, anche se non ci fosse crisi. Perché non sopportano il nostro provincialismo, la Chiesa, la famiglia troppo presente culturalmente secondo gli standard italiani, l'impossibilità ad avere una giustizia sociale ed una effettiva parità di genere. C'è gente che in modo utopico come me dopo Erasmus, stage a New York e Australia ancora crede che questo Paese possa migliorare ma non faccio una colpa a chi ha deciso di cercare un luogo più consono al proprio carattere, alle proprie aspettative, ai propri ideali, anzi credo abbiano fatto benissimo. Il punto non è l'opinione di un ministro, il punto è che noi siamo tutti cittadini del mondo (come disse Epitteto nel I secolo d.C.) e che spostarsi non è una sconfitta ma una ricerca del luogo più adatto a ciascuno. 
Guardate questo video, fino in fondo: 

E ora ditemi: questi ragazzi dove troveranno più futuro, più speranza, più voglia di vivere? Non vi fanno tristezza le risposte ricevute? Pensiamoci, quelli che rispondono al telefono sono anziani ma comunque cittadini ed elettori italiani, i ragazzi possono scegliere - si spera - se hanno la forza di allontanarsi. Certo scegliere potrà portare al fatto che fra qualche anno quando si staranno divertendo a passare il Natale facendo un barbecue su una spiaggia australiana ci sarà un loro parente, rimasto in Italia e mai uscito dal paesello che si lamenterà con la politica del fatto che il figlio è lontano. 
La ricerca di un luogo migliore dove vivere, di uno sguardo più ampio sulle prospettive di vita, la volontà di crescere dei figli che già sappiano due lingue fin dalla nascita, la volontà di guardare un altro tramonto, un altro orizzonte, non è esclusiva di chi ha un "cervellone", è parte dell'essere umano. I confini sono stati creati dalla storia e dallo sviluppo complesso dei rapporti internazionali degli ultimi secoli, ma sono ancor più nelle nostre teste: superare i pregiudizi su "all'estero di mangia male" e "che fatica parlare e scrivere in un'altra lingua" o pensare più semplicemente di ampliare il proprio business divertendosi, non sono una condanna o un rifiuto da parte del Paese d'origine: sono un ponte tra le culture. Viviamo in una società dove si può andare dall'altra parte del mondo in 24 ore di volo, dove per avere un visto si può fare la domanda online e dove con un corriere e un costo relativamente contenuto puoi spedire una merce negli USA e vederla consegnata domani mattina. Forse manca ancora uno scambio così veloce di idee, ma le persone si spostano con la stessa rapidità con cui una volta si andava a malapena a Milano, per cui ben venga il viaggio, la scoperta, l'incontro con l'altro. 
Il rapporto della Fondazione Migrantes sugli italiani all'estero - da ANSA
 E no, gli italiani all'estero non sono cervelli in fuga, sono persone come noi che hanno scelto di cambiare, a volte erano disperati, altre volte avevano ambizioni professionali o di studio, altre ancora volevano semplicemente vivere al mare, in un posto caldo, in un monastero buddhista, volevano aprire un'attività professionale senza pagare il pizzo, volevano poter cambiare lavoro più volte nella vita senza "giustificarsi" con i famigliari e senza trovarsi di fronte muri da parte di sindacati/inps/burocrazia varia. Dove essere se stessi senza sentirsi "alternativi", dove si può crescere un bimbo senza essere costretti a battezzarlo per quieto vivere, dove al colloquio di lavoro non ti chiedono "sei fidanzata", etc. etc. Non significa essere dei cervelloni, significa avere una mentalità aperta e la consapevolezza che si vive una volta sola ed è un terribile spreco passare tutta la vita in un unico luogo soprattutto se non si può scegliere come viverla. 

domenica 18 dicembre 2016

Spazio Teatro Invito: l'auditorium di Via Foscolo rimesso a nuovo per fare spazio alla cultura

Un lungo percorso partecipato ha portato all'inaugurazione dello Spazio Teatro Invito ieri sera a Lecco. Quando l'amministrazione comunale di Lecco ha iniziato ad amministrare la città 6 anni fa, questa sala c'era già: dopo 6 anni si è finalmente trovato un utilizzo coerente con le sue potenzialità, esplicitate nel progetto di Teatro Invito. La sfida è ambiziosa perché lo spazio ha tante caratteristiche diverse da quelle di un classico teatro, come dimensioni, come struttura e come inserimento: è al piano terra di un condominio in un contesto che ha già vissuto un forte cambiamento. 
Il bando del Comune ben spiegava che la sala era un'opportunità ma che aveva anche dei limiti e quindi il progetto doveva in qualche modo essere calibrato e ripensato, un progetto insomma dove contenitore e contenuto sono chiamati ad una continua contestualizzazione.
Teatro Invito, il sindaco di Lecco Virginio Brivio, l'assessora alla cultura Simona Piazza e l'on. Roberto Rampi

Teatro Invito non è nuovo a tutto ciò, perché nei 30 anni di attività - ad esempio con l'Ultima Luna d'estate - la sfida era anche quella di ambientazioni atipiche dove fare i conti con un pubblico diverso ed era anch'essa un pezzo dello spettacolo. Nel progetto di Teatro Invito emerge la funzione pubblica del teatro, con l'ambizione di farlo diventare anche un vero e proprio centro culturale, un luogo vivo di cultura, di incontro, di scambio, un laboratorio dove si può provare e un modo nuovo di coinvolgere la cittadinanza: un teatro inserito in mezzo a dove vivono le persone con il desiderio - condiviso dall'assessora alla cultura del comune Simona Piazza - di far rinascere i luoghi della cultura a Lecco. L'on. Roberto Rampi, in Commissione Cultura alla Camera, presente all'inaugurazione ha sottolineato la dimensione di comunità del nuovo spazio: 
"La cultura è democrazia, è un modo di stare insieme e di fare comunità. In questo stabile ci sono persone che vivono nella loro casa con la loro famiglia e i loro affetti e poi c'è una casa nuova che è una casa di tutti dove ritrovarsi insieme e credo che questo sia un modo di vivere anche il futuro". 
Lo spazio utilizzato non era un luogo della cultura abbandonato: era uno di quelli che vengono definiti "non luoghi" di cui non si conosce bene la destinazione, e per tanto tempo non ne è stato chiaro lo scopo e chi avrebbe potuto occuparsene. 
L'amministrazione comunale sta già lavorando ad un progetto comune con Teatro Invito che possa far vivere, conoscere e valorizzare questa nuova sala. Ci auguriamo che i cittadini lecchesi rispondano positivamente alla novità cogliendone l'opportunità per una programmazione culturale condivisa, una sinergia pubblico-privato per rivitalizzare la città.  
La stagione teatrale 2017 


giovedì 15 dicembre 2016

Il rapporto tra politica e beni culturali oggi nel convegno alla Triennale

Una mattinata ricca di spunti di riflessione e di approfondimento. Dall'assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno al ministro Dario Franceschini, il mondo politico ha voluto incontrare i commercialisti lombardi per discutere con loro di Art Bonus e detrazioni fiscali.
A due anni dall'entrata in vigore, Art Bonus si conferma un'idea innovativa che può ridare slancio agli investimenti culturali in Italia ma necessita di alcuni miglioramenti.
Racconta la passione per i progettti culturali e il restauro Irene Sanesi, presidente dell'opera di Santa Croce e della Commissione Economia della Cultura dell'UNGDCEC e racconta l'esperienza del lavoro svolto sull'Ultima cena del Vasari, a lungo considerato di pressoché impossibile recupero. Il capolavoro è nuovamente patrimonio collettivo visibile presso la basilica di Santa Croce a Firenze grazie al prezioso lavoro svolto da parte dell'Opificio delle Pietre dure di Firenze, a tutti coloro che hanno scelto di investire nel suo restauro e alla collaborazione del ministero. Per questo restauro grazie ad Art Bonus sono stati raccolti 150.000 euro.

E' un mondo che ha oggi più che mai bisogno di competenze specifiche.
Art Bonus sta dando la possibilità da due anni di fare donazioni per la tutela del patrimonio culturale italiano: in due anni è stato introdotto, stabilizzato e reso permanente atraverso l'introduzione di un credito di imposta del 65% per le donazioni in favore della cultura.
Ma come si attiva il dono? 
In questa fase sperimentale, forse non ancora nel modo migliore: i beni culturali vengono considerati ancora poco dei cittadini e molto dello Stato, per cui si passa a Art Bonus solo dopo aver atteso il supporto dello Stato. 
Secondo le ricerche effettuate sui donatori degli ultimi due anni, solo nel 14% dei casi sono interessati alla defiscalizzazione.
D'altro canto, nei primi 10 che hanno ricevuto da Art Bonus ci sono enti che avrebbero ricevuto comunque donazioni perché già molto conosciuti, molto legati al territorio o perché i mecenati erano già legati a quel bene culturale: il Teatro alla Scala di Milano, il Museo Egizio di Torino, l'Arena di Verona e la sua Fondazione, il Teatro Franco Parenti di Milano e poco dietro il Teatro Regio di Parma e il Donizetti a Bergamo.
Piccole realtà cittadine, piccole perle di bellezza in borghi che dovrebbero essere il fiore all'occhiello della nostra Italia sono invece state in parte trascurate dai donatori. Si trattava di beni la cui rilevanza per la comunità era meno sentita o i potenziali donatori non erano stati coinvolti nel modo migliore? 
Dobbiamo cominciare a non considerare più il dono come il bastone della vecchiaia dello Stato: è importante che qualcuno se ne occupi, per favorire la comunicazione tra chi ha bisogno delle risorse e chi può darle. Il dono deve entrare a far parte della prospettiva di comunità. 
Uno dei primi passi da fare in futuro è riuscire a sconfiggere l’idea che donare significa privarsi di qualcosa perché finché passa l’idea che si sta trasferendo ricchezza e non che si sta creando qualcosa, è durissima da spiegare: si tratta piuttosto di una scelta libera e volontaria che darà valore alla comunità aiutando a tutelare e valorizzare i beni culturali che ne sono parte integrante.
Potrà essere un'opportunità sia per il mecenate sia per chi riceve l'erogazione liberale ma solo cambiando l'orizzonte di visione.
Nel corso del convegno, sono stati presentati i risultati di una ricerca condotta dagli studenti del master del Sole 24 Ore in Economia e Management dell'Arte e dei Beni Culturali sulla suddivisione degli interventi di Art Bonus nelle varie regioni d'Italia.




 


martedì 13 dicembre 2016

Teatro Invito a Lecco: trentesimo compleanno e inaugurazione nuovo spazio

Sabato sarà inaugurata a Lecco la nuova sede di Teatro Invito, in Via Ugo Foscolo nell'auditorium rimesso a nuovo con 290 posti. 

Una carrellata di artisti festeggerà il 30° compleanno della compagnia e l'apertura di Spazio Teatro Invito, proponendo brevi pezzi teatrali, musicali e di danza con:
Maurizio Aliffi | Instant Jazz Collective
Mariasofia Alleva | Pleiadi Art Production/Campsirago Residenza
Stefano Bresciani e Valerio Maffioletti | Teatro Invito
Giusi Vassena e Matteo Binda | Teatro Invito
Marco Continanza | Anfiteatro
Noemi Bresciani | Fragile artists/Fattoria Vittadini
Dario Canossi | I Luf
Luca Radaelli | Teatro Invito
Alessandro Castelli | Instant Jazz Collective

Interverranno il Sindaco di Lecco Virginio Brivio,
l'ass. alla Cultura e alle Politiche giovanili Simona Piazza,
l'ass. ai Lavori Pubblici e al Patrimonio Corrado Valsecchi,
l'On. Roberto Rampi (commissione Cultura Camera dei Deputati).


Nel volantino allegato il programma della stagione teatrale. 



domenica 11 dicembre 2016

Cari "difensori della Costituzione", ora leggetela

- Art 5.
La Repubblica, una e indivisibile [...]

[... quindi non c'è secessione possibile per la inesistente padania ...]

-Art 8.
Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge.

[anche quella del tuo vicino di casa di origine araba e anche il buddhismo e qualunque altra fede che non porti a battezzare i pargoli a 3 mesi anche se tu lo ritieni un rito di passaggio essenziale per essere "italiano"]

-Art. 10.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.

[Sicuramente molti di voi hanno opinioni differenti in merito ma sottolineo la differenza tra effettivo esercizio delle libertà democratiche in nigeria o in italia]
-Art 19.
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

[vale appunto anche per i vostri vicini di casa col cognome arabeggiante di cui diffidate quando li incontrate sulle scale, vale anche quando vogliono costruire una moschea o quando hanno dato la possibilità di destinare l'8xmille a confessioni diverse da quella professata, almeno sulla carta, dalla maggioranza]

-Art. 20.
Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative.

[idem come sopra]
-Art. 27.
La responsabilità penale è personale.
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.

[essere oggetto di denuncia, indagine o rinvio a giudizio non è sentenza di tribunale]

-Art. 48
Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.

[quindi sì gli italiani all'estero votano, non è uno scandalo, e no non si può fotografare il proprio voto né postarne la foto su facebook: la norma che prevede il divieto di fotografare il voto scaturisce da qui, dalla necessità di garantire la libertà e la segretezza del voto stesso, anche del tuo]
-Art. 53.
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

[non pagare le tasse è incostituzionale, se guadagnate 100.000 € all'anno non siete dei morti di fame per cui non piangete miseria se vi chiedono una percentuale più alta di IRPEF]
-Art. 67.
Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

[i parlamentari sono liberi di cambiare gruppo parlamentare all'interno della legislatura e di cambiare opinione sui temi che stanno affrontando, in modo da garantire l'adattabilità delle proprie azioni alla contingenza che si presenta nel corso dei 5 anni]

come funziona la repubblica parlamentare
-Art. 68.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.

[l'immunità non è un privilegio, è un diritto]

-Art. 75.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.

[no non possiamo votare per uscire dall'Euro]

-Art. 92.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.

[non è il popolo a scegliere il Presidente del Consiglio, allego in proposito schemino tratto da un libro per le scuole medie che riepiloga il funzionamento della politica italiana]

Disclaimer: nel riportare gli articoli della Costituzione non sto in alcun modo dicendo che concordo in toto con i suoi contenuti. Ma la Costituzione è di tutti noi in quanto cittadini perché garantisce le basi della nostra democrazia, non perché la dobbiamo scrivere noi a nostro uso e consumo. 


venerdì 9 dicembre 2016

Le scelte dei consumatori influenzano il mercato del lavoro?

Qualche giorno fa un mio amico - esperto giornalista di Radio Popolare e non solo - ha postato su Facebook questa foto: clienti che si sostituiscono alle cassiere, in un supermercato qualunque della Brianza. 


In generale, noi con i nostri comportamenti e i nostri consumi influenziamo - in positivo o in negativo - le regole del mercato. Vale ogni volta che compriamo un prodotto Made in China senza averne cercato uno analogo made in Europe o senza esserci chiesti quali sono le condizioni dei lavoratori che li hanno prodotti, vale ogni volta che utilizziamo Amazon Prime. Io personalmente ho scelto di non comprare più nulla su Amazon da più di un anno quando lessi questa inchiesta del New York Times - poi riportata anche da Huffington Post http://www.huffingtonpost.it/2015/08/17/amazon-inchiesta-new-york-times-lavoro_n_7997102.html e l'ultima volta che sono andata al Centro Commerciale Il Globo mi sono personalmente accertata che le nataline (le ragazze con l'uniforme da babbo Natale che fanno i pacchetti regalo) fossero retribuite prima di far fare il pacchetto: un lavoro che feci qualche anno all'università e non vedo perché ora debba da più parti essere affidato al volontariato, togliendo potenziali posti di lavoro, in tanti altri centri commerciali della zona. Non so se il fenomeno dello sfruttamento del volontariato con la scusa dello spirito natalizio sia diffusa anche altrove o sia una prassi brianzola, nel caso se avete informazioni in merito sono interessata ad approfondire. Esiste un dato di fatto da cui partire: ormai è tutto self-service. Forse pensiamo che sia una sorta di privilegio, di responsabilizzazione dell'utente, ma è un meccanismo che porta alla deriva e non so onestamente se sia correggibile, ad oggi: dobbiamo imparare a farci da soli il 730, utilizzare l'home banking, portarci da soli il vassoio in tavola al self-service, sostituirci alle cassiere, sistemarci l'adsl da soli quando chiamiamo il call center, prenderci in prestito i libri in biblioteca da soli. Il contatto con qualcuno di "esperto" in qualcosa sta diventando sempre più una sorta di "disturbo" da evitare per quanto possibile, o da pagare extra: andare al CAF, pagare le spese per un conto corrente bancario, sedersi in un ristorante senza portarsi le pietanze al tavolo, in generale entrare in contatto con l'altro, sono una sorta di "extra", di servizio aggiuntivo: prevedono un contatto con l'altro, un altro di cui non sappiamo se possiamo fidarci (i recenti racconti sui venditori di titoli e investimenti in banca paiono dimostrarlo), e di cui pertanto possiamo fare a meno se ci sentiamo in qualche modo tuttologi. Tutto ciò non mi dà fastidio personalmente in quanto persona curiosa ed interessata ad imparare, ma non è assolutamente auspicabile per un futuro in cui in una comunità ognuno svolga un proprio ruolo, legittimo, riconosciuto e rispettabile indipendentemente dalla formazione, dalla forza fisica e dalle possibilità economiche cioè nel rispetto dei valori di uguaglianza su cui è fondata la nostra democrazia: valori che dovrebbero partire dall'essere buoni cittadini, non buoni consumatori. Penso a quegli utenti che non hanno nessuna intenzione - perché anziani, perché non tecnologicamente evoluti, perché di fretta, perché stanchi dopo 18 ore di lavoro o che ne so - di mostrare al mondo, agli amici e altri altri utenti/clienti/concittadini le loro (in)competenze: persone che semplicemente vorrebbero usufruire di un servizio semplice senza che la complessità delle cose pratiche ingigantisca gli ostacoli da superare per vivere nella società già di per sé complessa, e non credo che di per sé debbano giustificarsi. E soprattutto penso a tutte quelle persone che con i loro comportamenti non vogliono in alcun modo far perdere posti di lavoro ad altri o vorrebbero quanto meno vedere le commesse, i corrieri, etc. che possibilità abbiamo? Possiamo in qualche modo modificare i nostri comportamenti e le nostre scelte come consumatori per far sì che le aziende private modifichino il loro approccio alla vendita o gli enti modifichino il loro approccio nel contatto con l'utente? Ho dei seri dubbi, più di uno. 
Il mio dubbio è che in realtà le aziende/banche/enti stiano  rispondendo ad un bisogno sempre più individualista che si va sviluppando nella nostra società: il cliente/consumatore/utente pensa in linea di massima che sia meglio non confrontarsi con qualcuno se può arrangiarsi, che chi fa da sé fa per 3. Che prendere la macchina e andare a cercare un regalo di Natale girando per negozi, parcheggiando al freddo, magari rischiando di non trovare esattamente ciò che si vuole (il compromesso tra le proprie aspettative di acquisto e la realtà in questa narrazione è qualcosa a cui non si può cedere perché assolutamente non adatto a un cittadino che mette se stesso al centro), sia più faticoso che ordinare con pochi click e ricevere a domicilio. Da qui col tempo è nato un comportamento aggiuntivo: ordinare con un click è diventato "lo voglio a casa subito" e da lì è nato "se pago è un mio diritto avere a casa tutto e subito" con un meccanismo profondamente infantile e quanto meno discutibile nei passaggi mentali, assolutamente superficiali, che ci portano a questa conclusione: "se voglio un prodotto, deve arrivare a casa mia, domani, all'ora che dico io, perché tutto il mio mondo è vicino a me e come consumatore sono al centro". 
Una narrazione assolutamente estranea alla realtà di una comunità in cui siamo prima di tutto cittadini e non consumatori, ma una narrazione veicolata giorno dopo giorno dai mass media e dal tipo di pubblicità con cui siamo cresciuti. Una narrazione della realtà non correlata alla bellezza del quotidiano, a una reale comprensione di chi è l'altro con cui ci incontriamo, ma piuttosto una narrazione della realtà in cui c'è l'IO al centro: l'io consumatore, l'io che dimostra agli altri che tutto sommato sa fare tutto: la cassiera, la commercialista, il pagamento online, il bonifico con l'internet banking, la cameriera e la sparecchia-tavoli, la prenotazione con un touch screen di un qualunque servizio si stia prenotando, l'importante è che l'IO non si debba relazionare con un'altra persona perché quello no, appare nella nostra narrazione consumistica assolutamente più difficile che imparare a fare cose che non sappiamo fare, e quindi meglio non entrare in contatto con l'altro, col suo linguaggio, con le sue opinioni decisamente troppo soggettive per i nostri standard, con i suoi consigli di acquisto, con il suo umore che dipende da mille fattori esterni, e meglio avere tutto tracciato in modo da sostituire la fiducia con delle prove digitali e la proprie reali competenze con una tuttologia superficialmente applicata a qualsiasi ambito della vita. 
Onestamente, non so se esista una reale e realistica possibilità di invertire la rotta. Quello che penso è che laddove la politica manca e non fa delle scelte dalla parte del cittadino per decenni, l'economia la fa da padrona, e mi pare che stia avvenendo sotto i nostri occhi giorno dopo giorno col nostro tacito consenso. E che il problema quindi parta da noi - sì proprio noi io e te che leggi non altri lontani e sconosciuti e di conseguenza non affidabili, no proprio noi che ci riteniamo affidabili - e dalla nostra relazione con le aziende, con i consumi, con i prodotti, e più in generale con la percezione che abbiamo di una differenza tra oggetti e persone, tra il fine del consumo e il lavoratore che sta dietro al consumo: perché abbiamo una percezione della differenza, non è vero? 



giovedì 1 dicembre 2016

La riforma costituzionale ... in breve

Con questa riforma, il Senato smette di essere una doppione della Camera e diventa la sede e l’espressione delle Regioni, Comuni e Città Metropolitane.
I Senatori in Italia non sono mai stati eletti, quindi chi dice che non eleggeremo più i senatori vorrei che mi dicesse quand'è l'ultima volta che ha espresso una preferenza scritta per un senatore ...
Prima del 1992 l’elezione avveniva in collegi uninominali, per cui scelti dai partiti, con sistema proporzionale.
Dal 1992 al 2006 l’elezione avveniva in collegi uninominali, per cui scelti dai partiti, con sistema maggioritario e recupero al 25% proporzionale.
Dal 2006 in listini bloccati con sistema proporzionale e sbarramento al 4 o 8% e premio di maggioranza regionale.
Ora invece per la prima saranno scelti dai cittadini, con elezioni di secondo livello.
L'elezione avverrà in concomitanza dei Consiglieri Regionali con una doppia scheda dove l’elettore andrà a scegliere i Senatori fra i Consiglieri Regionali che eleggerà.
Il loro compito non sarà certo un dopolavoro: anche ora i Presidenti di Regione, i consiglieri Regionali e i Sindaci delle più grandi città si recano a Roma per discutere con Governo e Parlamento dei problemi dei loro territori nonché partecipano alla conferenza Stato-Regioni. Gli attuali senatori lavorano a Roma mediamente 3 giorni a settimana, gli altri giorno lavorano sul territorio a contatto con aziende, sindacati, associazioni, cittadini, per cui è un lavoro costante h24 molto simile a quello che svolgono anche sindaci e consiglieri regionali.
Inoltre i Senatori si ridurranno da 315 a 100, e non avranno indennità (cioè non saranno pagati) ed il Senato ridurrà le sue funzioni operative in base alla nuova gestione.
La semplificazione più importante inoltre credo che sia quella della revisione del Titolo V, una riforma federalista del tutto imperfetta, approvata dal centro-sinistra (anno 2001) e che ha causato migliaia di conflitti di attribuzione e ricorsi alla Suprema Corte.
Lo Stato tornerà a decidere sulle materie di importanza nazionale, come i trasporti (di interesse sovra regionale), il turismo, l’energia, le Regioni manterranno le scelte rilevanti per gli ambiti e gli interessi regionali, continueranno ad occuparsi della Sanità, verrà solo introdotto il principio di eguaglianza al diritto alle cure nonché l’obbligo dei costi standard.
Riguardo all'immunità parlamentare su cui tanto si dibatte in questi ultimi giorni: in Italia non si parla più di Immunità (eliminata dopo tangentopoli) per nessuno! Semplicemente se il Senatore o il Deputato deve essere sottoposto a restrizione per motivi cautelari, il Parlamento si deve esprimere: questo tutela il parlamentare (che non è kastah ma un nostro concittadino con rapporti umani normali solo vissuti quantitativamente e qualitativamente in modo esponenziale) dalla possibilità di essere ricattato o denunciato per vendetta o per motivi personali, è un elemento di libertà intellettuale e politica molto utile soprattutto in zone dove la criminalità organizzata ha costruito una sorta di struttura gerarchica simile a quella statale: vogliamo dei rappresentanti dei cittadini liberi di agire senza il rischio di subire ritorsioni? Io sì.
Non c’è la possibilità di effettuare alcuna restrizione di indagine per i Magistrati, se poi è presente la flagranza di reato, lo stesso viene subito arrestato.
Ora questo “privilegio”,se così può essere chiamato, sarà applicato solo a 100 Senatori e non più a 315.
Le competenze dei nuovi Senatori saranno limitate solo ad alcune particolari leggi dello Stato che equivalgono a circa il 3% del totale, avranno peso nel valutare le politiche delle pubbliche amministrazioni e svolgere funzioni connesse alle attività delle autonomie locali e al loro rapporto con lo Stato e l'Unione Europea nonché in merito ad altre Riforme della Costituzione o leggi Costituzionali, per il resto potranno, se lo vogliono, solo esprimere un parere NON VINCOLANTE.
I giudici della Corte costituzionale verranno eletti tenendo conto della rappresentanza delle minoranze e delle istanze dei territori: 3 giudici eletti dalla Camera e due dal Senato.
Così pure per il Presidente della Repubblica sarà eletto con i voti di due terzi di deputati e senatori riuniti in seduta comune e solo successivamente al settimo scrutinio sarà necessario almeno il 60% degli elettori presenti (la media delle presenza all’elezione del Capo dello Stato è del 98%). Quindi sarà impossibile alla sola maggioranza di governo eleggere, COME INVECE ACCADE ORA, il Presidente stesso, lo stesso discorso vale anche per i Giudici Costituzionali.
Il 95% delle leggi, così come la fiducia al Governo, sarà solo “compito” della Camera, ciò porterà, non ad avere più leggi (in Italia se ne fanno già tante), ma leggi più chiare, meno “pasticciate” insomma migliori.
Il Parlamento così strutturato nacque nel 1947/48 per la mancanza di accordo delle allora forze politiche che decisero di mantenere il bicameralismo presente nello Statuto Albertino.
Loro stessi si interrogarono assai sulla macchinosità di questo sistema ma non trovarono l’accordo per un sistema diverso ma introdussero con l'Art. 138 la possibilità di poter modificare ed “aggiornare” la Costituzione.
I poteri del Presidente del Consiglio nella Riforma non cambiano, nessun articolo che riguarda i suoi poteri viene modificato!
Il Premier non potrà in alcun modo sciogliere la Camera dei Deputati, come nel caso del Premierato che la riforma Berlusconi del 2006 avrebbe voluto introdurre: stupisce che oggi gli stessi politici che proposero e sostennero quella riforma siano contrari a questa ...
Anzi il fatto che la fiducia venga posta da una sola Camera dei deputati favorisce la formazione di maggioranze omogenee e quindi di maggiore stabilità di Governo.
Attualmente solo in rari casi si sono avute maggioranze coese nella Camera e nel Senato.
Inoltre verrà limitato il ricorso ai Decreti Legge perché con l'introduzione del “voto a data certa” il Governo potrà chiedere che l’approvazione delle leggi avvenga entro 70 gg. e pertanto verrà notevolmente incrementato il potere del parlamento restituendogli di fatto la sua piena funzione legislativa, oggi messa a dura prova da un continuo abuso di decreti legge dovuto all'impossibilità di approvare leggi in tempi certi seguendo l'iter ordinario.
Verrà incrementata la partecipazione dei cittadini alla vita politica e alle scelte, in quanto oltre alla possibilità di eleggere i Senatori viene introdotta un’opzione in più per i referendum (quella attuale delle 500.000 firme e 50% di quorum rimarrà), ma raccogliendo 800.000 firme si avrà la possibilità di avere il quorum decisamente più basso facendo si che lo stesso Referendum possa essere ritenuto valido.
Ci sarà l’obbligo per la Camera dei Deputati di discutere le leggi di iniziativa popolare che ora non vengono mai discusse.
Verrà anche introdotta l’istituzione del Referendum propositivo (come accade in Svizzera).
In merito alla riduzione dei costi non sono certo il motivo principale per votare la Riforma, ma comunque i risparmi ci saranno, le indennità dei 315 attuali Senatori saranno eliminate, si aggiungerà il risparmio per i rimborsi che vengono dati ai gruppi parlamentari del Senato che non sono più previsti, l'eliminazione del CNEL (ente del tutto inutile, dal 1957 quando è stato effettivamente istituito nessuna delle sue proposte di legge è stata approvata dal Parlamento) e l'adeguamento dell'emolumento dei Consiglieri Regionali a quello dei Sindaci delle corrispondenti città capoluogo di Regione: ad esempio nel caso della Lombardia un consigliere regionale non potrà percepire uno stipendio superiore a quello di Sala.

mercoledì 30 novembre 2016

Tutela del pluralismo e futuro dell’informazione: convegno nazionale a Forlì

Venerdì 2 dicembre convegno nazionale a Forlì: iniziativa organizzata da Legacoop Romagna e Mediacoop: appuntamento alle 14.30 a Palazzo Romagnoli. 
Legacoop Romagna e Mediacoop – l’associazione nazionale delle cooperative giornalistiche e della comunicazione di Legacoop – organizzano un’iniziativa per fare il punto sulle numerose novità che attraversano la filiera dei media, dalla riforma nazionale approvata poche settimane fa fino alla nascente legge regionale per il sostegno all’editoria locale. L’appuntamento è venerdì 2 dicembre, alle 14.30, a Palazzo Romagnoli, in via Albicini 12 a Forlì, per il convegno “Tutela del pluralismo e futuro dell’informazione”.

L’analisi di contesto sarà a cura di Pier Luca Santoro, uno dei più importanti consulenti italiani del comparto editoriale, fondatore dell’osservatorio DataMediaHub ed esperto di marketing. Ospiti della giornata il deputato e filosofo vimercatese Roberto Rampi – relatore alla Camera della legge 198 del 2016, che ha istituito il Fondo per il pluralismo e riorganizzato profondamente il settore in un’ottica di promozione dell’innovazione e della qualità del lavoro – e il consigliere regionale Giorgio Pruccoli, primo firmatario del progetto di legge regionale sull’editoria.
Sul palco si alterneranno alcuni dei protagonisti dell’informazione romagnola: il responsabile dell’edizione forlivese del Resto del Carlino, Marco Bilancioni, il presidente del Corriere Romagna, Luca Pavarotti,, l’editore di Ravennanotizie.it, Nevio Ronconi, e il direttore del settimanale SettesereQui, Manuel Poletti.
Per le istituzioni interverranno tra gli altri il sindaco di Forlì e la consigliera regionale Valentina Ravaioli, il consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Michelangelo Bucci, e il senatore Stefano Collina, componente della commissione Affari Costituzionali. Introdurranno il tema per Legacoop Romagna il direttore generale Mario Mazzotti, e il responsabile Media e Comunicazione Emilio Gelosi. Le conclusioni saranno a cura del presidente nazionale di Mediacoop, Roberto Calari.
"L’approvazione definitiva della riforma dell’editoria, dopo un percorso legislativo durato quasi due anni, è un risultato importantissimo per il pluralismo dell’informazione e per un settore che, nonostante una profonda crisi strutturale, continua a dare lavoro all’interno delle cooperative associate a Legacoop Romagna a circa 150 persone, tra giornalisti, poligrafici, collaboratori e personale amministrativo - dice il presidente di Legacoop Romagna, Guglielmo Russo, che presiederà i lavori - La Romagna si è spesa con grande impegno per questo obiettivo, ma rimangono da sciogliere nodi importanti, come la stesura dei decreti delegati".
Al termine del convegno è prevista una visita guidata alla collezione Verzocchi di Palazzo Romagnoli, condotta dal responsabile Cultura di Legacoop Romagna, Gabriele Zelli, seguita da un sobrio rinfresco.
Per informazioni e conferme di partecipazione: tel. 0543 785410 – forli@legacoopromagna.it

sabato 26 novembre 2016

Il mio ricordo di Cuba


Il mio ricordo di Cuba: 2008, un bellissimo viaggio in solitaria fatto di scoperte, colori vivi, incontri, profumi e sapori nuovi. Il mojito con la menta fresca me lo ricordo ancora. Ho trovato un Paese accogliente, con dei mezzi di trasporto efficienti e persone aperte, solari, vive e con la musica e la salsa nel cuore. In alcune città una povertà dignitosa e mai di elemosina, e una percezione di sicurezza e di voglia delle persone di raccontarsi, di farsi conoscere, di essere compagni di viaggio. 
Un viaggio che è rimasto tra i miei ricordi migliori: a un Paese incantevole, spero che il futuro vi porti solo pace e libertà.


venerdì 25 novembre 2016

Giornata mondiale contro la violenza sulle donne


Oggi, 25 novembre, è la giornata mondiale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Un problema che riguarda l'intero pianeta e che in alcuni paesi anche europei come l'Italia non riceve abbastanza attenzione e non viene spesso considerato un fenomeno di cui la società tutta si deve occupare. C'è un grande problema culturale nel nostro Paese, che va risolto partendo dal sistema educativo. con la consapevolezza che la "famiglia tradizionale" è ancora oggi osannata dalla chiesa come una scelta, una sorta di merito, e che siamo davvero indietro rispetto agli altri paesi europei. Sicuramente la scuola può tanto in questo senso e portare avanti una seria e motivata educazione alla parità di genere è fondamentale per avere un'inversione di tendenza nel medio-lungo periodo. Partendo dalle bambine, dalle ragazzine, dal coltivare i loro sogni e insegnare loro che possono essere ambiziose ed indipendenti come i ragazzi, ma partendo anche e soprattutto dagli bambini, ragazzi, futuri uomini: è lì che si gioca la partita decisiva. Nel crescerli senza stereotipi di genere, nell'aiutarli ad essere indipendenti e a imparare a gestire la propria casa, il proprio abbigliamento e a procurarsi del cibo con la consapevolezza che l'eventuale rete sociale a supporto per farlo non è dovuta ma che le cose semplici della vita possono essere gestite in autonomia. Nel non spingerli a essere "il più forte" o "il più bullo" ma a coltivare la propria intelligenza. E nell'insegnare loro, a partire dal linguaggio, che non esistono "cose da femmina" e "cose da maschio" né nei giochi né nei potenziali lavori futuri ma neanche negli hobby e passatempi. La parità di genere è ancora lontana per il nostro Paese, ma è l'unica strada per superare la violenza e per prevenire il femminicidio perché dalla consapevolezza che l'altro/a è in tutto e per tutto come noi e in possesso degli stessi diritti e delle stesse libertà nasce la capacità di rispettare la donna e quindi non arrivare a commettere violenza. 

martedì 22 novembre 2016

La cultura occidentale è costruita sulla mitologia della violenza maschile contro le donne

"La cultura occidentale è costruita sulla mitologia della violenza maschile contro le donne. Dobbiamo esserne coscienti per accrescere la nostra consapevolezza: riconosciamolo, affrontiamolo e cerchiamo di superarlo."

Le parole della professoressa Mary Beard della University of Cambridge, durante la sua lectio magistralis in occasione dell'evento "Safe from fear, safe from violence", a tre anni dalla ratifica da parte dell'Italia della #ConvenzioneIstanbul.

La Convenzione di Istanbul è stata approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011 ed aperta alla firma l'11 maggio 2011. Si propone di prevenire la violenza contro le donne e la violenza domestica, favorire la protezione delle vittime ed impedire l'impunità dei colpevoli. È stata firmata da 32 Paesi e il 12 marzo 2012 la Turchia è diventata il primo Paese a ratificarla.
In Italia, la Camera ha approvato all'unanimità la ratifica della Convenzione il 28 maggio 2013 e sempre all'unanimità il Senato ha convertito il testo in legge il 19 giugno 2013.
Hanno partecipato oggi all'incontro, fra gli altri, la Presidente Laura Boldrini, la Ministra per le Riforme e i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi e il Presidente della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa Michele Nicoletti.
Il video completo dell'incontro di oggi: 


lunedì 21 novembre 2016

La Brianza che crede al cambiamento

Sono state settimane intense tra le persone, in strada a parlare con gli interessati, i curiosi, i critici. A meno di due settimane dal voto, continuiamo la nostra attività sul territorio per spiegare i contenuti della #RiformaCostituzionale su cui andremo ad esprimerci il #4dicembre: parlando con le persone semplici, entrando nel merito dei contenuti, distribuendo materiali informativi. I comitati del Sì saranno presenti anche questo weekend nelle piazze e nelle vie dei nostri paesi per parlare con tutti voi, discutere, approfondire. Perché la scelta di cambiare l'Italia è nelle mani di ognuno di noi e non vogliamo sprecare questa opportunità di rinnovare il Paese e di guardare al futuro.
#bastaunsì, il tuo.


Una panchina per non dimenticare

Venerdì 25 novembre venite all'inaugurazione della panchina rossa a Monza ! 

L’Associazione AAD – ArcoDonna ha tra le proprie finalità la promozione delle pari opportunità e la lotta contro ogni forma di discriminazione e violenza contro le donne, da perseguire anche con atti di sensibilizzazione rivolti alla Cittadinanza.

In occasione della giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne , 25 novembre 2016, abbiamo realizzato, con il patrocinio del Comune di Monza, “una panchina rossa per non dimenticare”.
L’iniziativa nasce da una collaborazione tra donne della società civile che vogliono non solo denunciare il femminicidio ma stimolare una riflessione sulla violenza e sui cambiamenti culturali necessari per sconfiggerla.
La panchina rossa di via Gerardo dei Tintori a Monza speriamo induca i cittadini e le cittadine a fermarsi, a riflettere e a non dimenticare, perché i cambiamenti culturali sono possibili solo con l’impegno costante di tutti.

domenica 20 novembre 2016

La moratoria della pena di morte in Africa: intervista a Roberto Rampi sulla missione di Nessuno tocchi Caino nel Regno dello Swaziland nell'Africa del Sud


L'intervista di Radio Radicale a Roberto Rampi sulla missione di Nessuno Tocchi Caino in Swaziland: potete riascoltarla qui. 

G: Con Roberto Rampi del Partito Democratico parliamo della missione che Nessuno Tocchi Caino ha appena terminato in Africa nell’ambito di una serie di incontri che Nessuno Tocchi Caino ha avuto per la prossima sessione diritti umani nella quale appunto ci sarà il voto per la moratoria delle esecuzioni capitali. Non è la prima volta che si vota, questo voto avviene ogni due anni, e l’on. Rampi ha raggiunto la delegazione di Nessuno Tocchi Caino nello Swaziland. Come è andata?

R: Direi che è andata molto bene. Il primo punto è questo: sia nella mia iscrizione al Partito Radicale Transnazionale che a quella a Nessuno Tocchi Caino c’è la convinzione profonda del progetto di Nessuno Tocchi Caino della moratoria, che è un atteggiamento anche culturale importante verso il mondo, cioè non è l’atteggiamento illuminista neocoloniale di andare a insegnare noi Europei chissà quali princìpi etici che poi, come dire, bisognerebbe valutare anche come li attuiamo noi. E’ l’idea invece di provare a prendere atto di cose che succedono già: prendiamo questo esempio dell’Africa, un Paese come lo Swaziland, un piccolo Paese dentro al Sudafrica, poco noto, di cui se si fa una ricerca in rete si leggono cose che sono assolutamente lontane dagli aspetti più interessanti, e che però dal 1983 di fatto ha portato avanti liberamente e non per pressioni esterne, non per interventi occidentali, una moratoria: cioè ha deciso che nel suo Paese non si uccide più. Ha anche convertito tutte le condanne a morte in ergastolo tranne una. Noi abbiamo chiesto al gruppo dirigente politico di questo Paese di prendere atto di questo loro risultato importante che li mette oggettivamente molto avanti rispetto a tanti Paesi considerati più democratici e più illuminati che magari così tanto non lo sono e non solo di votare a favore della moratoria ma di farsi promotori di questa cultura della moratoria. L’Africa ha Paesi profondamente abolizionisti, ha tanti Paesi che hanno in corso la moratoria di fatto. Conviene a tutti noi, a loro e a noi, far conoscere meglio queste cose cioè raccontare anche un mondo che è un po’ diverso da quello che ci viene raccontato, dove c’è un Occidente – l’Europa e gli Stati Uniti – che stanno nel giusto e che hanno la Verità in tasca e poi tutto il resto del mondo che vive in condizioni precarie anche dal punto di vista etico-culturale. Ecco non è così. Noi non siamo andati ad insegnare qualcosa in Africa: siamo andati a dire loro di far conoscere di più quello che hanno già scelto.

G: Che forma di Governo c’è nello Swaziland?

la bandiera dello Swaziland
R: Letta con le nostre regole è una monarchia assoluta, quindi c’è un re, scelto tra l’altro con un meccanismo molto complicato perché diventa erede al trono il figlio maschio che non ha ancora raggiunto la maggiore età e che non ha fratelli. In realtà c’è un ruolo fondamentale – una lettura che andrebbe approfondita – della regina madre, per cui le due figure importanti nel Paese sono la regina madre e il re. Due nomi che usiamo noi, in realtà nella cultura Swazi sono il Leone e l’Elefante Bianco queste due figure. C’è una fortissima presenza delle tradizioni che da oltre 600 anni si portano avanti in questo Paese, tradizioni molto articolate e molto complesse, e poi in realtà c’è una grande modernità: c’è un Parlamento eletto con un meccanismo complesso e articolato, però ho anche incontrato nella missione quello che potremmo definire il capo dell’opposizione, cioè il segretario del Partito Democratico dello Swaziland, un partito che aderisce all’Internazionale socialista, che ha scelto ed è riuscito ad essere eletto ed è diventato presidente della commissione diritti sociali e sta portando avanti delle battaglie con risultati concreti, nuove normative ad esempio sui diritti dei lavoratori; c’è un Parlamento che ha un livello di controllo del bilancio dei ministeri molto avanzato; c’è una norma che viene attuata troppo poco sulla presenza femminile obbligatoria per Costituzione negli eletti in Parlamento, quindi è un Paese dove il tema dell’equilibrio tra la tradizione e la modernità è un tema molto aperto e molto dinamico e che serve secondo me a farci riflettere anche su altre parti del mondo.

G: La pena di morte è in Costituzione?

R: La pena di morte è in Costituzione, una Costituzione peraltro mutuata dall’appartenenza al Commonwealth, quindi non deriva dalla loro cultura ma gli è arrivata da noi dall’Occidente dove sappiamo benissimo che anche alcuni Stati a democrazia molto avanzata come gli Stati Uniti d’America la pena di morte non solo ce l’hanno come possibile, ma la applicano non dico quotidianamente ma quasi. In Swaziland la pena di morte è in Costituzione ma non è applicata dal 1983.

G: E il potere di tramutare la pena di morte in ergastolo ce l’ha il Parlamento o il re?

R: Il potere di tramutare la pena di morte in ergastolo ce l’ha il re, infatti lo ha fatto lui. Il potere di cambiare la Costituzione ce l’avrebbe il Parlamento con un meccanismo di revisione abbastanza complicato. In realtà l’obiettivo di questa missione al momento era molto più semplicemente chiedere – lo  Swaziland nella ultima votazione di due anni fa non ha partecipato al voto, con il significato di non votare contro – noi abbiamo chiesto ai tre ministri che abbiamo incontrato tra cui due principi e al mondo anche dell’associazionismo e della società civile che si sta sviluppando dentro allo Swaziland di lavorare per scegliere invece una posizione più netta nel voto alle Nazioni Unite. Per farsi guida portando anche a una uniformità di tutti quei Paese del sud Africa che invece hanno già votato anche in passato a favore della moratoria.

G: Ci sono delle Organizzazioni Non Governative nello Swaziland che sono favorevoli appunto all’abolizione della pena di morte, in questo caso alla moratoria?

R: Sì, ci sono assolutamente e c’è una società civile che si sta sviluppando molto interessante, naturalmente è molto concentrata nei centri urbani e appartiene in termini numerici a una residua minoranza. C’è una grande differenza tra i centri urbani e le aree rurali anche nel dibattito pubblico. A noi stanno a cuore come Radicali il tema del diritto alla conoscenza e il tema della libertà di informazione: in Swaziland c’è una condizione molto particolare per cui esistono delle riviste di giornali fortemente critiche con il Governo e con il re che riescono ad essere pubblicate tranquillamente, anzi a trovare anche sponsor privati tra agenzie di proprietà dello Stato, quindi evidentemente con un’idea di libertà della discussione avanzata. Questo è molto meno vero ad esempio nelle radio e nelle tv, probabilmente perché c’è la consapevolezza che un conto è il gruppo, la discussione diciamo in certe élite chiuse e un po’ più colte, un conto è il rapporto con la popolazione.

G: Del resto la radio in Africa è il mezzo di comunicazione e di informazione più diffuso.

R: Esatto, e c’è la diretta di tutte le sedute del Parlamento che va per radio. Quindi in qualche modo qualsiasi cittadino Swazi può seguire il dibattito parlamentare che è un dibattito molto acceso, tutt’altro che sopito, non solo per la presenza del leader del partito democratico ma anche di altri parlamentari che non si può dire se siano filogovernativi o meno, non è molto chiaro perché c’è un’elezione diretta ma che sicuramente su alcune scelte di alcuni Ministeri in maniera molto chiara e in diretta radio in Parlamento prendono una posizione molto netta.

G: Chi deciderà come lo Swaziland voterà questa volte alle Nazioni Unite?

R: Allora in ultima analisi dovrebbe deciderlo il re. Il voto alle Nazioni Unite capita ora in un momento strano, perché il re per tradizione nel mese di novembre ha un periodo di ritiro e quindi non partecipa all’attività pubblica. Però noi contiamo sul fatto che intanto alcuni di questi ministri hanno la possibilità comunque di incontrarlo anche se in forma privata e poi c’è un Presidente del Consiglio: proprio in questi giorni gli impegni che si sono presi con noi tra i ministri degli Esteri, della Giustizia e della pianificazione economica è quello di incontrare insieme il Presidente del Consiglio e di chiedere a lui un impegno. Se il Presidente del Consiglio dà mandato all’ambasciatore all’ONU di votare a favore questa cosa si può fare, ovviamente con il placet del re che però da diversi elementi che abbiamo raccolto abbiamo capito che la scelta della moratoria e la scelta della conversione della pena è una scelta che il re ha fatto in maniera del tutto autonoma e senza nessuna spinta, quindi credo che appartenga un po’ alle sue corde.

 nota: alla fine lo Swaziland ha scelto di votare alle Nazioni Unite a sostegno della moratoria alla pena di morte