martedì 23 agosto 2016

La storia di una donna di 21 anni e del sogno di libertà che è ancora lontano per tante nostre simili

Marisa ha 21 anni, una vita normale con un compagno e un bimbo frutto di un amore adolescenziale e tanta voglia di vivere: esperienze, uscite, lavoro. Il fratello non vuole che lei indossi la minigonna e le contesta i comportamenti "disinvolti", si procura un'arma (dove non è ancora dato sapersi) e le spara, rischiando di ucciderla. Leggete qui il racconto di quanto avvenuto. Trovo davvero allucinante il pezzo in cui la madre prima va a trovare il figlio in carcere E POI la figlia in ospedale: "Sabato pomeriggio Vincenza Pirelli, madre di Demetrio, ha incontrato nella caserma di Tropea il figlio. L’ha baciato e abbracciato. Nessuna parola? «Tra madre e figlio non ce n’è bisogno», dice la donna. Che poi sorride alla figlia mentre le comunica i tempi della degenza." Cioè questa giovane donna piena di vita ora è bloccata con le gambe per mesi senza poter lavorare e la madre sorride? Tra madre e figlio non servono parole, invece agli inquirenti serve sapere dove tuo figlio si è comprato un fucile, e a tutti noi come mai non lo hai educato al rispetto delle donne e non gli hai spiegato l'esistenza di concetti come libertà individuale, emancipazione, scelta e parità di genere. Perché non gli hai spiegato che il corpo della donna non è oggetto di contesa ma, così come il corpo dell'uomo, parte del suo essere. 
Abbiamo tanta strada da fare per arrivare a una completa parità uomo-donna e spesso le peggiori nemiche delle donne sono proprio le altre donne: per come crescono i figli maschi e per come pretendono di imporre i propri sacrifici alle nuove generazioni come se l'essere donna e sacrificarsi fosse una sorta di pegno da pagare alla società. Per cui in questo schema in cui la donna assolve a doveri, il fatto che voglia divertirsi e vivere non è permesso. Non è consentito, non è nella norma della società controllata dal maschio dominante che non vuole la concorrenza dell'intelligenza femminile e del lavoro femminile nella quotidianità. Nonostante la ragazza sia maggiorenne, già lavori e in più sia essa stessa già madre, ancora e comunque non ottiene un riconoscimento come persona libera da parte dei famigliari più stretti e spesso neanche della comunità in cui è inserita. E se il fratello non gradisce la madre si preoccupa per prima del fratello che è finito giustamente in carcere - val la pena ribadirlo, la violenza sulle donne è un crimine che va adeguatamente punito - e poi della figlia che è bloccata in un letto di ospedale. 

Marisa Putortì in ospedale, pronta a tornare a sorridere alla vita 

In tutto ciò viene meno una delle basi del nostro diritto, ovvero la differenza tra vittima e carnefice. Ci manca solo l'antico "se l'era cercata" in memoria di consuetudini anni '50 in cui la donna era sempre colpevole nel momento in cui subiva qualcosa (anche in caso di stupro!) perché non le veniva in alcun modo riconosciuta la dignità di vittima, mentre all'uomo viene riconosciuta la possibilità in quanto maschio di essere animale, pazzo psichiatrico, schizofrenico e violento e di dover successivamente ricevere una sorta di perdono "in quanto maschio". 

A sentire certi stereotipi, pare che il mondo dalla preistoria a ieri sia stato in mano a degli animali incapaci di ragionare e di controllare i propri istinti che hanno imposto a metà della popolazione umana - quella di genere femminile - di non avere desideri per garantirsi che i propri istinti potessero essere soddisfatti. Spero che per questa ragazza ci sia il patrocinio gratuito in tribunale e la possibilità di lasciare il paesello in cui ha vissuto finora per poter crescere suo figlio lontano da quei modelli e stereotipi e per prendere in mano la sua vita e farne una meraviglia, come ciascuna donna merita. Per vivere il resto della sua vita in modo vivo, pieno, "disinvolto"
Disinvolta: una parola che ha un'etimologia ricca di significato: participio passato del verbo non utilizzato "dis-involgere", entrato in uso dallo spagnolo "des-envuelto", dis prefisso negativo + involgere, porta con sé il significato di sciolto, non avviluppato.
Un significato che in genere è molto positivo se pensato nel descrivere una persona come non timida, non chiusa, sicura di sé. Nel caso della descrizione della donna, forse lo stereotipo negativo si nasconde nell'idea insita nell'idea di femminilità di quegli uomini che vorrebbero la donna "chiusa": chiusa in casa, chiusa in un vestito, chiusa in un ruolo. Per cui tutto ciò che è libertà e apertura e non costrizione è visto come un comportamento negativo, nonostante il concetto espresso dalla parola sia decisamente positivo. 


Quanto alla donna anziana che non vuole l'emancipazione delle donne giovani e la vede come un pericolo, è un classico che ci ricorda le tante donne che hanno trasmesso alle figlie l'obbligo a sposarsi quando incinte ("è capitato a me quindi perché non deve capitare a lei?"), o la madre di Hina, ragazza pakistana uccisa a Brescia nel 2006 dal padre che non voleva che "diventasse come le altre",  o le donne africane che hanno imposto la tradizione dell'infibulazione a tante bambine nonostante ne avessero visto su di sé le conseguenze per generazioni. 
Una tradizione di finta solidarietà femminile, di donne che tramandano ad altre donne modelli, comportamenti, stereotipi, pregiudizi. Donne che nascondono dietro l'amicizia al femminile e "l'aiuto reciproco" l'esigenza di imporre un ordine di cose che non possa cambiare per paura che l'altra possa arrivare là dove all'anziana non è stato consentito di arrivare: a scegliere di vivere ogni giorno come un uomo. Di donne cresciute con l'idea di essere portatrici di una colpa: il proprio corpo, che a seconda delle culture e delle realtà locali è in diverso modo oggetto di controllo da parte di altri che credono di possederle, di poter "decidere per loro". E che tramandano questa pericolosa idea nell'educazione. 
Donne che ai propri figli concedono tutto: maleducazione, parolacce, atti di bullismo fin da piccoli al parchetto e che spiegano ai figli maschi che devono correre per vincere perché dentro di loro vogliono che i figli siano pieni di ambizioni, e alle figlie femmine che devono correre in modo aggraziato per paura di un commento o giudizio altrui. 
Un esempio recentissimo da Facebook, che si commenta da solo: 

Enrica, normale mamma di una bambina come tutte che gioca con i maschi e come i maschi 



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