domenica 20 novembre 2016

La moratoria della pena di morte in Africa: intervista a Roberto Rampi sulla missione di Nessuno tocchi Caino nel Regno dello Swaziland nell'Africa del Sud


L'intervista di Radio Radicale a Roberto Rampi sulla missione di Nessuno Tocchi Caino in Swaziland: potete riascoltarla qui. 

G: Con Roberto Rampi del Partito Democratico parliamo della missione che Nessuno Tocchi Caino ha appena terminato in Africa nell’ambito di una serie di incontri che Nessuno Tocchi Caino ha avuto per la prossima sessione diritti umani nella quale appunto ci sarà il voto per la moratoria delle esecuzioni capitali. Non è la prima volta che si vota, questo voto avviene ogni due anni, e l’on. Rampi ha raggiunto la delegazione di Nessuno Tocchi Caino nello Swaziland. Come è andata?

R: Direi che è andata molto bene. Il primo punto è questo: sia nella mia iscrizione al Partito Radicale Transnazionale che a quella a Nessuno Tocchi Caino c’è la convinzione profonda del progetto di Nessuno Tocchi Caino della moratoria, che è un atteggiamento anche culturale importante verso il mondo, cioè non è l’atteggiamento illuminista neocoloniale di andare a insegnare noi Europei chissà quali princìpi etici che poi, come dire, bisognerebbe valutare anche come li attuiamo noi. E’ l’idea invece di provare a prendere atto di cose che succedono già: prendiamo questo esempio dell’Africa, un Paese come lo Swaziland, un piccolo Paese dentro al Sudafrica, poco noto, di cui se si fa una ricerca in rete si leggono cose che sono assolutamente lontane dagli aspetti più interessanti, e che però dal 1983 di fatto ha portato avanti liberamente e non per pressioni esterne, non per interventi occidentali, una moratoria: cioè ha deciso che nel suo Paese non si uccide più. Ha anche convertito tutte le condanne a morte in ergastolo tranne una. Noi abbiamo chiesto al gruppo dirigente politico di questo Paese di prendere atto di questo loro risultato importante che li mette oggettivamente molto avanti rispetto a tanti Paesi considerati più democratici e più illuminati che magari così tanto non lo sono e non solo di votare a favore della moratoria ma di farsi promotori di questa cultura della moratoria. L’Africa ha Paesi profondamente abolizionisti, ha tanti Paesi che hanno in corso la moratoria di fatto. Conviene a tutti noi, a loro e a noi, far conoscere meglio queste cose cioè raccontare anche un mondo che è un po’ diverso da quello che ci viene raccontato, dove c’è un Occidente – l’Europa e gli Stati Uniti – che stanno nel giusto e che hanno la Verità in tasca e poi tutto il resto del mondo che vive in condizioni precarie anche dal punto di vista etico-culturale. Ecco non è così. Noi non siamo andati ad insegnare qualcosa in Africa: siamo andati a dire loro di far conoscere di più quello che hanno già scelto.

G: Che forma di Governo c’è nello Swaziland?

la bandiera dello Swaziland
R: Letta con le nostre regole è una monarchia assoluta, quindi c’è un re, scelto tra l’altro con un meccanismo molto complicato perché diventa erede al trono il figlio maschio che non ha ancora raggiunto la maggiore età e che non ha fratelli. In realtà c’è un ruolo fondamentale – una lettura che andrebbe approfondita – della regina madre, per cui le due figure importanti nel Paese sono la regina madre e il re. Due nomi che usiamo noi, in realtà nella cultura Swazi sono il Leone e l’Elefante Bianco queste due figure. C’è una fortissima presenza delle tradizioni che da oltre 600 anni si portano avanti in questo Paese, tradizioni molto articolate e molto complesse, e poi in realtà c’è una grande modernità: c’è un Parlamento eletto con un meccanismo complesso e articolato, però ho anche incontrato nella missione quello che potremmo definire il capo dell’opposizione, cioè il segretario del Partito Democratico dello Swaziland, un partito che aderisce all’Internazionale socialista, che ha scelto ed è riuscito ad essere eletto ed è diventato presidente della commissione diritti sociali e sta portando avanti delle battaglie con risultati concreti, nuove normative ad esempio sui diritti dei lavoratori; c’è un Parlamento che ha un livello di controllo del bilancio dei ministeri molto avanzato; c’è una norma che viene attuata troppo poco sulla presenza femminile obbligatoria per Costituzione negli eletti in Parlamento, quindi è un Paese dove il tema dell’equilibrio tra la tradizione e la modernità è un tema molto aperto e molto dinamico e che serve secondo me a farci riflettere anche su altre parti del mondo.

G: La pena di morte è in Costituzione?

R: La pena di morte è in Costituzione, una Costituzione peraltro mutuata dall’appartenenza al Commonwealth, quindi non deriva dalla loro cultura ma gli è arrivata da noi dall’Occidente dove sappiamo benissimo che anche alcuni Stati a democrazia molto avanzata come gli Stati Uniti d’America la pena di morte non solo ce l’hanno come possibile, ma la applicano non dico quotidianamente ma quasi. In Swaziland la pena di morte è in Costituzione ma non è applicata dal 1983.

G: E il potere di tramutare la pena di morte in ergastolo ce l’ha il Parlamento o il re?

R: Il potere di tramutare la pena di morte in ergastolo ce l’ha il re, infatti lo ha fatto lui. Il potere di cambiare la Costituzione ce l’avrebbe il Parlamento con un meccanismo di revisione abbastanza complicato. In realtà l’obiettivo di questa missione al momento era molto più semplicemente chiedere – lo  Swaziland nella ultima votazione di due anni fa non ha partecipato al voto, con il significato di non votare contro – noi abbiamo chiesto ai tre ministri che abbiamo incontrato tra cui due principi e al mondo anche dell’associazionismo e della società civile che si sta sviluppando dentro allo Swaziland di lavorare per scegliere invece una posizione più netta nel voto alle Nazioni Unite. Per farsi guida portando anche a una uniformità di tutti quei Paese del sud Africa che invece hanno già votato anche in passato a favore della moratoria.

G: Ci sono delle Organizzazioni Non Governative nello Swaziland che sono favorevoli appunto all’abolizione della pena di morte, in questo caso alla moratoria?

R: Sì, ci sono assolutamente e c’è una società civile che si sta sviluppando molto interessante, naturalmente è molto concentrata nei centri urbani e appartiene in termini numerici a una residua minoranza. C’è una grande differenza tra i centri urbani e le aree rurali anche nel dibattito pubblico. A noi stanno a cuore come Radicali il tema del diritto alla conoscenza e il tema della libertà di informazione: in Swaziland c’è una condizione molto particolare per cui esistono delle riviste di giornali fortemente critiche con il Governo e con il re che riescono ad essere pubblicate tranquillamente, anzi a trovare anche sponsor privati tra agenzie di proprietà dello Stato, quindi evidentemente con un’idea di libertà della discussione avanzata. Questo è molto meno vero ad esempio nelle radio e nelle tv, probabilmente perché c’è la consapevolezza che un conto è il gruppo, la discussione diciamo in certe élite chiuse e un po’ più colte, un conto è il rapporto con la popolazione.

G: Del resto la radio in Africa è il mezzo di comunicazione e di informazione più diffuso.

R: Esatto, e c’è la diretta di tutte le sedute del Parlamento che va per radio. Quindi in qualche modo qualsiasi cittadino Swazi può seguire il dibattito parlamentare che è un dibattito molto acceso, tutt’altro che sopito, non solo per la presenza del leader del partito democratico ma anche di altri parlamentari che non si può dire se siano filogovernativi o meno, non è molto chiaro perché c’è un’elezione diretta ma che sicuramente su alcune scelte di alcuni Ministeri in maniera molto chiara e in diretta radio in Parlamento prendono una posizione molto netta.

G: Chi deciderà come lo Swaziland voterà questa volte alle Nazioni Unite?

R: Allora in ultima analisi dovrebbe deciderlo il re. Il voto alle Nazioni Unite capita ora in un momento strano, perché il re per tradizione nel mese di novembre ha un periodo di ritiro e quindi non partecipa all’attività pubblica. Però noi contiamo sul fatto che intanto alcuni di questi ministri hanno la possibilità comunque di incontrarlo anche se in forma privata e poi c’è un Presidente del Consiglio: proprio in questi giorni gli impegni che si sono presi con noi tra i ministri degli Esteri, della Giustizia e della pianificazione economica è quello di incontrare insieme il Presidente del Consiglio e di chiedere a lui un impegno. Se il Presidente del Consiglio dà mandato all’ambasciatore all’ONU di votare a favore questa cosa si può fare, ovviamente con il placet del re che però da diversi elementi che abbiamo raccolto abbiamo capito che la scelta della moratoria e la scelta della conversione della pena è una scelta che il re ha fatto in maniera del tutto autonoma e senza nessuna spinta, quindi credo che appartenga un po’ alle sue corde.

 nota: alla fine lo Swaziland ha scelto di votare alle Nazioni Unite a sostegno della moratoria alla pena di morte 






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