venerdì 1 dicembre 2017

La mamma Ikea e il vero welfare che uno Stato deve garantire

Un breve pensiero sulla vicenda della mamma Ikea e del suo presunto, illegittimo licenziamento: io credo che vadano ascoltate entrambe le voci e che se effettivamente, come sostiene l'azienda, questa dipendente lavorava 7 giorni al mese, non sia di competenza dell'azienda privata garantirle il welfare. 
Io credo che sia assolutamente positivo e di sinistra sostenere che i bambini debbano essere della comunità in cui sono inseriti. Non della mamma. Purtroppo questa società scarica sulle donne compiti e responsabilità che altri non vogliono gestire. I bambini sono futuri cittadini di domani e pertanto se ne devono occupare il padre, i nonni, la scuola pubblica o privata, le baby-sitter, i vicini di casa, insomma l'intera comunità deve creare un sistema che si prenda cura della loro crescita, non la madre soltanto. Se ciò non avviene non è mai responsabilità dell'impresa privata. E soprattutto se la mamma subisce un giudizio morale quando sceglie di delegare ad altri una parte dei compiti che la società ha sostenuto essere suoi, la responsabilità è di tutti noi che lo permettiamo. Inutile che ci dichiariamo femministi e di sinistra se riteniamo che una donna alle 7 del mattino debba stare con suo figlio senza preoccuparci di offrire un'alternativa a quel bambino per crescere accolto nella nostra società. 
Preoccupiamoci di dare asili nido pubblici e con costi inferiori o gratuiti, preoccupiamoci che gli orari di asili nido e scuole materne siano più flessibili. Chiediamo formazione per le baby-sitter e ragioniamo sulla possibilità di avere anche asili nido all'interno dei condomini o baby-sitter per più bambini, ma soprattutto smettiamola di guardar male le mamme che scelgono di lavorare e che corrono tutto il giorno: un uomo che fa i turni di notte e non fa un giorno di malattia per mantenere i suoi figli è "un buon padre di famiglia", facciamo in modo che anche la donna sia considerata allo stesso modo. Facciamolo insieme nella nostra vita quotidiana e non chiediamo alla politica di introdurre regole che discriminerebbero ulteriormente le donne, ma ragioniamo su cosa sia effettivamente la parità di genere: parità di diritti e di doveri. 

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